Eritrea Eritrea
La mia personale battaglia per la verità
Egr. Direttore Marco Tarquinio,
chi le scrive è un ex cattolico che nei primi anni ottanta faceva il chierichetto nella cattedrale di Asmara in Eritrea, un servigio onestamente reso alla Santa Chiesa per circa una decina d’anni. Alla fine di questa mia capirà il perché sono diventato “ex cattolico”.
Scrivendo la parola “Eritrea” sul vostro sito compaiono quasi cento articoli, dal 2010 al 2014, la maggior parte a firma del giornalista Paolo Lambruschi. Pazientemente li ho letti quasi tutti anche se già dai titoli si poteva capire il loro contenuto: “l’Eritrea vende i suoi figli”, “fuga dall’Inferno”, “vivere in Eritrea è peggio che morire”, eccetera.
Quasi tutti gli articoli datati 2010/2011 parlano dei sequestri di giovani eritrei nel Sinai, dei riscatti pagati ai predoni, delle spranghe e delle violenze che quotidianamente le nostre donne hanno subito con tanto di dettagli raccapriccianti. A mio parere, si parla invece pochissimo dei respingimenti italiani al tempo del governo Berlusconi. Poco male comunque.
Pur capendo che la vostra testata possa prendere cristianamente a cuore il destino degli eritrei, pur riconoscendovi il merito di aver fatto sapere al mondo la piaga dello schiavismo e della tratta degli organi avvenuti nel Sinai o delle torture nelle prigioni in Libia, ahimè, mi sorgono dei dubbi circa i restanti articoli. Aldilà della pietas cristiana scorgo l’inizio di un qualcosa di poco chiaro. Un lavoro chirurgico e martellante, una persecuzione vera e propria, il nome “Eritrea” ricorre ovunque, anche su fatti di cronaca che riguardano altre nazioni lontane.
Specialmente negli articoli datati 2012 la vostra attenzione si rivolge all’Eritrea che viene definita: uno stato-caserma, prigione a cielo aperto o peggio, Gulag Eritrea, la Pyongyang africana o nomignoli presi in prestito direttamente dal Dipartimento di Stato americano che la considera: la Corea del Nord africana. Il famoso “africanista” Lambruschi scrive: “Nella vicenda degli eritrei rapiti nel Sinai si sospetta la regia di Hamas e di Al Qaeda” e riporta, come fosse un dogma, l’accusa di un sito americano che dice: “sulle coste eritree vengono addestrati i terroristi yemeniti”.
Mentre del governo eritreo si legge: “regime oppressivo, khmer rossi di Pol Pot, dittatura crudele, poi si scopre che tra i trafficanti ci sarebbe qualche pezzo grosso che riesce a sequestrare 600 minorenni direttamente in Eritrea per il mercato degli organi. Notizia confermata con un articolo di Paolo M. Alfieri il 6 dicembre 2013, il giorno in cui tutti i giornali del mondo parlavano invece della morte del grande Nelson Mandela, dedicandogli la loro prima pagina. L’Avvenire era più interessato a dare la notizia di una donna sequestrata nel pieno centro di Asmara che di colpo si sveglia in una città del Sudan per essere venduta ai trafficanti di organi, notizia che poteva dare solo chi non conosce affatto Asmara, la città più sicura di tutta l’Africa.
Successivamente si fa la conta in un’intervista a Sheila Keetharuth, ex Amnesty e ora Special Rapporteur di diritti umani per l’Eritrea, la quale dichiara che dall’Eritrea fuggono 4000 giovani al mese, (articolo del 7 ottobre) mentre secondo l’Acnur, che non è una malattia ma un’organizzazione Onu per i rifugiati, sono 3000 al mese (articolo dell’8 ottobre, cioè il giorno dopo). Se la matematica non è un’opinione presto l’Eritrea diventerà un paese di soli vecchi. Allora sì che sarà facile riannetterla all’Etiopia, speranza questa di un vicino malintenzionato.
Nella stessa intervista la Keetharuth dichiara che in Eritrea c’è una persecuzione religiosa in cui i cristiani sono perseguitati ed incarcerati. Un’accusa che dà la conferma ad un articolo apparso il 16 marzo del 2012 dove si descriveva un incidente in Nigeria in cui erano morti 2 occidentali cristiani e si concludeva dicendo che anche in Eritrea non c’è poi tutta questa libertà religiosa.
Simona Verrazzo rincara la dose nel suo articolo del 28 ottobre 2013 dichiarando che ci sarebbero circa 2000 cristiani incarcerati in Eritrea e cita un sito americano Persecution.org per dire: “Arrestati 150 cristiani scoperti a pregare in un quartiere di Asmara” mentre Giovanni Maria Del Re mette al secondo posto l’Eritrea, subito dopo la Corea del Nord e prima della Nigeria, dove invece il vostro giornale parla di cristiani che vengono uccisi. Secondo Del Re i cristiani incarcerati sarebbero 2000/3000, Melius abundare quam deficere.
Ovviamente gli Stati Uniti, i paladini della libertà, quando si parla di persecuzione religiosa sono in prima fila pronti a giudicare i più cattivi della classe. Sono per voi la fonte più attendibile d’informazioni veritiere ma : “Io sono la via, la verità e la vita” non l’ha detto qualcun altro?
Secondo me la verità abita altrove invece.
Da millenni, nella mia Eritrea convivono pacificamente cristiani e musulmani rispettandosi a vicenda. Le accuse di persecuzione religiosa che i paladini della libertà muovono contro il mio paese non solo sono lontane dalla verità ma hanno un secondo fine. Hanno tentato, fallendo, d’imporci le loro sette religiose pur di destabilizzarci e dividerci. L’Eritrea non potrà mai accettare un pastore alla Terry Jones che promuove la sua religione con la pistola sulla Bibbia. Se il suo giornale valuta questo come una persecuzione religiosa, beh, pazienza. Si tenesse il caro Terry in Italia!
Furono oltre un centinaio le sette religiose americane respinte dall’Eritrea, praticamente ogni Ngo aveva la sua religione. E per fare incetta di fedeli, soprattutto tra i giovani, queste nuove religioni proibivano, guarda caso, il servizio militare. Sappiamo tutti che il servizio militare è previsto e accettato in tutto il mondo civile e chissà perché quando si parla dell’Eritrea invece suona come una bestemmia. Perché è a tempo indeterminato? Niente di più falso. È a tempo prolungato per via di una guerra che altri non vogliono concludere.
Avrei anche un’altra analisi da sottoporle dal momento che si tratta di vostre fonti spesso citate. Non le sembra strano che le Ngo o le Onlus dei diritti umani siano, per la maggior parte, presenti sul suolo africano? Perché mai un continente così derubato e violentato dall’Occidente necessita di tutte queste “organizzazioni non governative” che puntualmente riferiscono all’Occidente sul comportamento degli africani circa l’applicazione dei diritti umani? “Qui non c’è libertà di espressione e di stampa, di là manca la libertà religiosa e sessuale” eccetera eccetera.
Io credo fortemente che queste “sante” organizzazioni come Amnesty International, Human rights watch ed altre ancora lavorino proprio per l’Occidente e non certo per “far star bene” l’Africa. Ripeto, sono presenti sul suolo africano per giudicare il comportamento degli africani (le vittime) e riferire di questo all’Occidente (il carnefice). Controllano che le vittime facciano le brave vittime. Per questo io credo che anche loro partecipino pienamente al neo colonialismo in atto, anzi ne siano uno strumento. Mi convinca del contrario se ci riesce.
Egr. Direttore, dal momento che il suo giornale ha preso a cuore il destino dei nostri giovani che fuggono, si guardi il discorso-video fatto ad una serata di beneficienza del Presidente Obama che promette “lo svuotamento” del mio paese. youtube BrZCX0CqnO4 (esattamente al minuto7:33)
L’errore madornale della vostra crociata sta proprio qui, schierarvi, citando come fonte di verità, chi è veramente coinvolto nell’Odissea dei giovani eritrei, un disegno ben ordito dall’Etiopia, dagli Stati Uniti con la complicità delle Ngo e dalle sanzioni ingiuste dell’Onu (un organismo che dovrebbe tutelare i più deboli invece puntualmente finisce per difendere gli interessi dei più potenti). Nei vostri articoli non vi è nessun riferimento in proposito. Ignorando la guerra del 1998 voi date la colpa all’Eritrea “stato-caserma” o “alle persecuzioni religiose di un tiranno” e già dal novembre 2011 parlate dei campi profughi allestiti in Etiopia (paese nemico e causa numero uno di quell’esodo ma che “stranamente” si presta a salvarne i figli disgraziati). Come mai?
Voi non fate nessun riferimento al regime dittatoriale etiopico, eppure anche da lì i giovani fuggono spacciandosi per eritrei. E vi siete mai chiesti perché gli etiopici si spaccino per eritrei? E vi siete mai chiesti perché solo agli eritrei venga concesso il “privilegio” dello status di rifugiati?
A questo punto, mi auguro le sorga qualche dubbio sul fatto che il suo giornale partecipi attivamente e inconsapevolmente ad un progetto politico volto a destabilizzare il Corno d’Africa e non solo.
Per quanto riguarda le lamentele dei vescovi eritrei di cui si parla diffusamente negli articoli datati 2014 e che danno credito a quelle voci “disinteressate” che accusano il governo di restrizioni di ogni sorta ( dalla libertà religiosa ai preti e diaconi costretti a fare il servizio militare) beh, lasci che le racconti una storia che mi ha cambiato la vita.
Negli anni ottanta ho vissuto l’oppressione dell’Etiopia e del famigerato Colonello Menghistu Hailemariam e, come se non bastasse, anche la carestia e la siccità tra le più terribili della storia del mio paese. Fu proprio in quegli anni difficili che ho imparato quanto potere può avere un chilo di farina su un popolo affamato. A quei tempi gli aiuti umanitari dell’Occidente erano gestiti appunto da ministri della chiesa cattolica e molti di loro, ne sono un testimone oculare, barattavano quel chilo di farina con la verginità di giovani fanciulle. Cose orribili di cui, forse, sarebbe meglio tacere. Fu proprio questo spettacolo demoniaco a farmi allontanare ancora bambino dalla chiesa cattolica e successivamente anche dalla fede stessa. Dal momento che non volevo diventare come loro che senza rimorsi rimanevano a governare la chiesa cattolica, me ne andai per la mia strada. Mi creda, non sono un rancoroso piuttosto un testimone.
Fortunatamente, quei tempi peccaminosi in cui un chilo di farina dava potere sono stati archiviati dalla Liberazione e dalla nascita della nuova nazione Eritrea.
Il suo governo laico, che non favorisce una religione a discapito di altre e rispettosamente tratta tutte quante allo stesso modo, ha vietato la distribuzione di quel chilo di farina, per ragioni legate all’autodeterminazione però. Noi crediamo fermamente nell’autodeterminazione che è quella forza di credere di poter farcela da soli, con le nostre sole forze e senza mendicare aiuti umanitari.
Perciò, quando i vescovi del mio paese si lamentano, io semplicemente storco la bocca.
Leggere i vostri articoli sull’Eritrea non solo non mi aiutano a ritrovare la fede e a riavvicinarmi alla chiesa cattolica, bensì mi confermano che la decisione presa da me allora non sia stata del tutto sbagliata. Aggiungo dicendo che se continuate così rischiate che un giorno i vostri vescovi si ritrovino a predicare ad una platea senza più fedeli perché gli eritrei prima di essere religiosi sono cittadini eritrei che hanno sacrificato i propri cari per la loro patria chiamata Eritrea.
È la storia della nostra Indipendenza.
Quanti articoli dovrà ancora scrivere il vostro “africanista”? Quando finirà la vostra ossessiva guerra mediatica di demonizzazione? Quando finirà la vostra crociata contro la mia amata terra associando ad essa parole come: rapina, estorsione, odissea, tratta, mattatoio, prigione, tirannia, orrore, persecuzione? Quando la finirete insomma di infangare l’Eritrea e la prego di non rispondermi che c’è la fuga dei giovani...
Egr. Direttore perché non viene a visitare l’Eritrea di persona, fa parte della sua deontologia professionale verificare le notizie de visu. E mi creda, troverebbe un paese lontano dall’essere una prigione a cielo aperto, un paese ospitale di persone accoglienti, di bambini sorridenti che vanno a scuola con coloratissime divise, ogni scuola ne ha una diversa. Troverebbe persone fiere e libere dalla schiavitù, uniche in tutta l’Africa. Un paese ordinato e pulito perché tra i pochi ad aver abolito l’uso della plastica. Venga a vedere le chiese e le moschee aperte, i matrimoni celebrati, le messe serali e all’alba le nostre madri vestite di bianco recarsi nei monasteri a ricevere la Comunione. Con le sue orecchie udirebbe sia alla radio che alla televisione i cristiani fare gli auguri per il Ramadan alle famiglie musulmane chiamando ciascuno per nome e cognome e dedicargli qualche canzone popolare. E viceversa durante la ricorrenza del Natale o della Pasqua. Venga di persona a sentire i rintocchi delle campane della Cattedrale confondersi, in un melodioso abbraccio, alle preghiere dei muezzin della grande Moschea davanti al mercato italiano mentre dalla chiesa di Enda Mariam sentirebbe unirsi in coro anche gli antichi canti in Ge’ez dei preti ortodossi, per regalarle una particolare colonna sonora di benvenuto. Venga, l’Eritrea dà sempre il benvenuto alle persone di buona volontà e dal cuore sincero e senza pregiudizi.
Poi, sono convinto, sarà lei il primo a chiedere scusa al popolo e al governo eritreo per averli diffamati in tutti questi anni a loro insaputa. E sono altrettanto sicuro che al suo rientro in Italia licenzierà su due piedi il povero Paolo Lambruschi che oramai vive e vegeta sulla pelle degli eritrei come una vera sanguisuga, per quante ne ha scritte avrà pure imparato sia a parlare il tigrigna, la nostra lingua, che a cucinare un buon zighinì, il nostro piatto nazionale. Che Dio lo benedica! Presto mi aspetto che dia la notizia che il comandante della Costa Concordia quel fatidico giorno fu distratto da una telefonata del Presidente eritreo.
Ps: Dal momento che lei e il suo giornale siete promotori della “libertà di stampa” mi auguro che la mia non solo venga pubblicata ma, possibilmente, riceva anche una risposta scritta.
Con simpatia, Daniel Wedi Korbaria
Il Martedì 12 Agosto 2014 10:07, Fabrizio Gatti
Caro Daniel,
quando Petros Solomon, i cittadini eritrei e i giornalisti arrestati dopo il 18 settembre 2001 saranno liberati o sarà accertato come sono stati uccisi, allora Lei vincerà la sua personale battaglia per la verità.
Cordialità,
Fabrizio Gatti
Caro Fabrizio,
hai sentito il dovere di rispondermi con celerità ad una lettera che ti riguarda ben poco perché indirizzata al direttore dell’Avvenire mentre invece hai sorvolato su quella indirizzata ai “compagni” di Sel dove, assieme ad altri illustri colleghi, ti ho menzionato come chi infanga da anni il mio paese. Sicuramente solo ora hai ben pensato di esporti vedendo la lunga lista di personaggi pubblici ai quali ho inoltrato la mail mentre nella prima, ma tu non lo potevi sapere ovviamente, te l’avevo nascosta. Ci sei cascato con entrambe le scarpe, fatti più furbo la prossima volta!
Vengo al dunque.
Dalla tua sentenziosa risposta circa la mia battaglia persa tu pretendi la liberazione di prigionieri del mio paese, persone che non hai mai visto né conosciuto prima. Io ti rispondo con un’altra domanda: A che titolo lo chiedi? Sei forse un arbitro dell’umanità o peggio un Ispettore Onu? Se hai veramente a cuore tutti i prigionieri di questo mondo allora perché non ti sei mai occupato, per esempio, di quelli che aspettano l’esecuzione nel braccio della morte? Certo quelli non ti interessano, sono diversi!
O devo pensare che tu non abbia il coraggio di andare contro una grande potenza come l’America? Paura, eh? E poi, chi pubblicherebbe i tuoi articoli, dico bene? Certo è più comodo prendersela con un piccolo paese del terzo mondo, vero? Ti piace vincere facile! È più remunerativo schierarsi con i potenti della terra, c’è più pubblicità a fare il loro gioco e non costa niente costruire menzogne per demolire il paese sotto mira, nemmeno un biglietto d’aereo.
E poi da che pulpito lo chiedi?
Almeno da noi, se qualcuno commette un reato viene messo in galera a prescindere che sia un pezzo grosso o meno. E nel tuo paese com’è che funziona? Conosci qualche pezzo grosso finito dentro? Ti prego di farmi almeno un nome illustre. Lo so che nelle carceri c’è un sovraffollamento di pesciolini mentre i pesci grossi continuano a sguazzare fuori.
Sì, so anche che da voi c’è l’appello, la cassazione, il giudizio di terzo grado eccetera ma a me non la dai a bere circa la bontà del vostro sistema, la stessa Unione Europea vi ha richiamato più volte per le vostre carceri poco “cristiane”. Strano per un paese del primo mondo, non ti pare?
E perché un grande giornalista italiano come te non s’è mai occupato delle carceri italiane al tracollo e invece preferisce viaggiare lontano con la fantasia, in un paese dove non è mai stato ma che “per sentito dire” conosce benissimo? Nel tuo ultimo ignobile articolo sull’Espresso (vedi i commenti) ti ho definito il “nuovo” Salgari perché ti trovo “assai creativo” quando descrivi luoghi e culture lontane spaparanzato nel tuo ufficio di Roma o di Milano, ma tu, astutamente, hai postato sul tuo profilo facebook solo i commenti a te favorevoli ignorando tutti gli altri, compreso il mio.
E tu vuoi insegnare al mondo intero cos’è la libertà? “Ma mi facci il piacere!” come diceva Totò.
Credi di avere il diritto di prendertela con le leggi del mio amato paese? Conosci forse qualche giornalista eritreo che si sia mai azzardato a criticare la giustizia italiana o che abbia chiesto la liberazione di un tuo prigioniero?
O credi di essere un “africanista”, voglio intendere, un esperto dell’Africa? Ne dubito fortemente. Oltre al tuo rocambolesco viaggio dalla Libia in Italia, credo tu non possa affermare di conoscere l’Africa e i suoi problemi. Dal momento che non conosci tutti gli stati africani, per tua informazione sono 54, mi chiedo perché tu abbia scelto di prendere sotto mira l’Eritrea, un paese a te ignoto. Perché fra tutti hai scelto proprio il mio paese? O credi veramente di conoscere bene l’Eritrea solo perché hai telefonato uno ad uno ai rifugiati eritrei in Italia?
Oppure ti sei fatto un quadro generale perché te ne ha informato qualche italiano con conflitti di interesse in Eritrea, che improvvisamente, da un momento all’altro, perde i benefici di cui godeva e diventa “non più gradito”? E sai di chi parlo. (La povera Dania ancora non si spiega perché un paese prima la coccoli offrendole un buon lavoro e poi la cacci via! Deve trattarsi per forza di un paese dittatoriale, non c’è altra spiegazione).
Credo fermamente che avresti dovuto indagare meglio, è il tuo lavoro! Tu invece non hai avuto nessun dubbio e hai preso tutto per oro colato. Ma io capisco benissimo che un giornalista italiano possa non capire la parola “conflitto d’interesse”. Non ti biasimo certo per questo. E insieme a queste “sante” persone, trasformatesi in Ngo, hai fatto scoprire agli italiani che nel “mondo”, cioè in Eritrea, mancano tutti i diritti umani fondamentali. Complimenti! E così anche tu sei diventato il paladino dei diritti umani e hai scoperto quanto sei “buono” e di colpo diventi matto se un paese al mondo, cioè l’Eritrea, invece non se ne curi.
Mi fai venire in mente, caro Fabrizio: “Il potere dei più buoni” di Giorgio Gaber e quasi, quasi te la dedico. Fanne la colonna sonora della tua estate. Ascolta attentamente le sue parole, ti calzano alla perfezione.
Io invece, al tuo posto, avrei alzato gli occhi al cielo per vedere chi è che manovra i fili. Siamo diversi, evidentemente. A te non è mai venuto in mente, neanche dopo, che qualcuno ti abbia voluto usare, appro*****re insomma della tua fama raggiunta “a fatica” (ricordo quando ti sei improvvisato macchinista dei traghetti verso le isole o raccoglitore di pomodori nella tua bellissima terra). Certo che no, oramai eri partito per la tua crociata contro il mio paese e il suo eroico leader e non potevi più tornare indietro. Purtroppo, per te.
Dico purtroppo per te perché hai sicuramente perso la possibilità di visitare un gran bel paese di persone accoglienti e sorridenti. Se tu fossi entrato in casa di una famiglia anche povera, questa si sarebbe indebitata con i vicini pur di offrirti il pranzo o la cena. Ti sei perso il calore e lo sguardo incantato dei bambini ben nutriti che ti avrebbero circondato festosi per il semplice gusto di salutarti. Ti sei perso la gioia dei nostri anziani che avrebbero scambiato con te frasi di circostanza orgogliosi di ricordarsi ancora l’italiano.
Ti sei perso l’Eritrea, caro Fabrizio, l’unico paese africano libero dagli sciacalli e dagli avvoltoi che, ahimè, continuano a spolpare l’Africa e gli africani con la scusa di far loro del bene. E ancor di più mi dispiace per te che hai perso quella delicatezza, umiltà ed obiettività che un buon giornalista deve avere quando parla di un paese così lontano e sconosciuto.
Concludo dicendo che, ovviamente, ci sono sì differenze tra il tuo ed il mio paese.
Da noi non ci sono i diritti umani mentre da voi abbondano (anche per il modo in cui accogliete i rifugiati). Da noi non c’è giustizia ma da voi la legge è uguale per tutti i cittadini italiani. Da noi non c’è democrazia, da voi ce ne talmente tanta che fate le elezioni ogni 6 mesi. Da noi c’è Isayas da 20 anni mentre da voi Benito, Giulio e Silvio hanno regnato per 80 anni. E la morale che ne ricavo è la seguente: noi siamo del terzo mondo e non possiamo essere perfetti, voi siete del primo mondo e lo stesso non siete perfetti.
Perciò caro Fabrizio, invece di veder la pagliuzza negli occhi altrui guarda la trave nei tuoi e ti prego, risparmiaci in futuro le tue menzogne e fatti più in là ché noi eritrei abbiamo problemi ben più seri da affrontare, problemi tipicamente africani che tu “uomo bianco” non potrai mai capire fino in fondo.
Cordialità, Daniel Wedi Korbaria.
Ps. Se senti il dovere di replicare pubblicamente troverai questa mail postata sul sito Eritrea Eritrea.