Eritrea Eritrea
21 modi per dirti "TI AMO"...
Un pomeriggio del 1986 ricevo la telefonata di Luciano Pedraccini, in procinto di organizzare un concerto a sostegno dell'Eritrea. Mi racconta di una guerra invisibile, in atto da venti anni, dove, oltre ai diritti che ogni conflitto armato intrinsecamente nega, mancavano quelli che prevede, tipo la presenza della Croce Rossa, lo status di prigionieri e altre minime cautele. Mi manda una documentazione dettagliata per capirne di più e scopro di massacri, torture, orrori, destini locali pilotati da superpotenze planetarie. Indignato per l'indifferenza dei mezzi di comunicazione e della comunità internazionale, propongo a Mino Damato di fare un reportage per la sua trasmissione Esplorando al seguito del Fronte nazionale di liberazione eritreo, che lottava per avere l'indipendenza dall'Etiopia. Le due zone avevano storie, culture, lingue diverse, e il fatto che fossero confinanti non poteva bastare a far sentire i due popoli fratelli.
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La mia avventura inizia con l'ingresso a Port Sudan, prosegue per quattordici ore di camionetta fino a Orotta, attraverso piste polverose, dissestate e apparentemente deserte. Dico apperentemente perchè nel tragitto localizzo un vero e proprio stato sommerso, un brulicare di corridoi, nascondigli, grotte scavate per mettersi al riparo da Mig 23 e Sukhoi.
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Giro sempre con la bandiera italiana attaccata ai pantaloni. Si aspettavano di più dal nostro Paese. Pensano che noi abbiamo tracciato la loro geografia e noi soli possiamo ritracciarla. Invece l'Italia si è assunta poche responsabilità, ha liquidato il conflitto come un affare interno e se ne è lavata le mani. Anzi, peggio, ha fornito aiuti umanitari solo all'Etiopia. Un tricolore dunque è un segno di presenza, per cucire qualche punto di risentimento.
Mangiamo nelle case abbandonate, finiamo nelle trincee, ci fermiamo in una scuola dove i guerriglieri cercano di assicurare l'educazione ai più piccoli, un luogo da me ribattezzato "la valle dei bambini".
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Il nostro convoglio si sposta principalmente di notte, per non essere sorpreso dai caccia. Ricordo il cielo a forma di cupola, una mappa di stelle che guida carovane di cammelli in fuga, il rumore del vento degli altipiani, il fragore dei colpi di cannone, lo stridore dei cingoli dei carri armati. Ricordo nelle mie mani tante piccole mani. Ho imparato la solidarietà laddove non esiste pace, ho scoperto che dove non c'è il plusvalore c'è il valore.
Vissi dall'interno il conflitto fino alla liberazione, nel 1991. Mi trovavo in una capanna e rimasi tre giorni incollato a telefoni e apparecchiature rimediate, per seguire col fiato sospeso la battaglia in corso. Era decisiva: se gli eritrei avessero resistito a quella controffensiva, la strada per Asmara sarebbe stata llibera. Fu una vittoria miracolosa. Le forze eritree erano notevolmente inferiori, disponevano delle poche armi scippate ai nemici, eppure fecero saltare in aria quella che i russi chiamavano "Operazione stella rossa". All'Etiopia non bastarono il sostegno economico degli Usa prima, quello militare dell'Unione Sovietica poi; non bastarono i Kalashnikov, le bottiglie di vodka e le cataste di munizioni. I loro carri armati erano poco maneggevoli nel terreno roccioso, i bersagli si nascondevano nelle viscere della terra. Il dittatore Menghistu fu costretto alla fuga, il regime Dreg rovesciato e l'Eritrea trionfò, per sua forza, senza alcuna potenza mondiale a prendersene i meriti.
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Nel 1993 venne indetto il referendum popolare, con la supervisione della missione delle Nazioni Unite e io feci il rappresentante nei seggi elettorali per conto eritreo. Il 99,8 per cento della popolazione votò per l'indipendenza e il leader del Fronte di Liberazione Isaias Afewerki divenne presidente del cinquantatreesimo Stato africano.
(...)
Colloco uno dei momenti più belli della mia vita davanti a quella che sarebbe diventata la sede del governo eritreo. All'ingresso c'era un serpentone di diplomatici provenienti da tutto il mondo che dovevano essere accreditati e io, semplice cantautore, stavo in fondo alla fila con il console italiano. Dall'uscio apparve questo giovane presidente, sensibile, colto, che ripensandoci oggi mi ricorda tanto Obama, e quando si trattò di far entrare il primo ospite, mi cercò con lo sguardo, mi arpionò con l'indice e mi chiamò a sè. Ero incredulo, sorpassai tutte le rappresentanze, la bandiera italiana che mi pendeva dalla tasca, e ci abbracciammo. Pensai: "Questo è un presidente che non segue la logica della politica, ma la logica del cuore". Piangemmo di tenerezza, convinti che da quel momento in poi l'Italia gli sarebbe stata accanto. Mi sbagliavo. E sbagliava anche lui. Ho conosciuto la sua sincerità, ho visto albeggiare un nuovo stato, dove non giravano più armi e le religioni si erano pacificate, ma lentamente tutto è cominciato daccapo: i privilegi, la politica dissennata, la corruzione del potere. E' arrivato il disimpegno europeo e una nuova guerra tra il 1998 e il 2000, conclusa con gli Accordi di Algeri e una Commissione di Confine delle Nazioni Unite a stabilire che la città di Badme appartiene all'Eritrea. Tuttavia l'Etiopia non rispetta gli obblighi sottoscritti e mantiene l'esercito in territori non suoi. Alla comunità internazionale sta bene così. L'ultima volta che ho incontrato Afewerki è stato nel 2001, quando è salito sil palco al mio concerto al Circo Massimo. Da quel momento in poi tutto è precipitato in Eritrea: imprese italiane e progetti di cooperazione costretti ad abbandonare il campo, organizzazioni non governative e consoli espulsi, missionari ai quali è stato negato il permesso di soggiorno. All'inizio ho pensato che fosse una strategia per far pressione sulla comunità internazionale, un modo per constringerla all'intervento immediato. Poi però ho letto il rapporto di Amnesty International e ho capito che nessun fine può giustificare questi mezzi. Il pluralismo previsto dalla Costituzione non esite. Giornalisti, studenti, funzionari statali che hanno criticato il governo sono stati arrestati. Nel settembre 2001 il mio amico ambasciatore italiano Antonio Bandini è stato cacciato dall'Eritrea per aver legittimamente protestato insieme alla delegazione dell'Unione Europea contro quegli illegittimi arresti. Giungono notizie di cristiani detenuti e torturati, di dissidenti scomparsi nel nulla, portati in galera senza accuse formali nè possibilità di difendersi in tribunale o di comunicare con il mondo esterno. Mi hanno telefonato amici eritrei per chiedermi di aiutarli a ritrovare fratelli finiti chissà dove e io non ho potuto fare nulla. Non posso fare nulla. Io stesso non ho più contatti con il presidente. Io che se andavo ad Asmara dovevo passare prima da lui e poi all'ambasciata italiana per dimostrare la mia totale autonomia; io che ricevevo le sue telefonate di notte, gli davo consigli sulle leggi che intendeva varare, studiavo i contratti capestro che gli venivano offerti, mettendolo in guardia dalle compagnie che miravano allo sfruttamento petrolifero e alla speculazione senza offrire concreti vantaggi al suo popolo. Dal 2001 nessuno squillo, nessun confronto. Nel 2006 volevo andare in Eritrea per la trasmissione Amore, che si occupava delle adozioni a distanza, e con amarezza constatai che anche a me avevano negato il permesso di entrata. E' come se mi avessero infilzato un Corno d'Africa alle spalle.
(...)
Pensavo che la vecchiaia l'avrei trascorsa nelle magnifiche isole Dahlak, invece il mio ruolo oggi è far capire che in Eritrea non ci sono i diritti fondamentali dell'uomo. E' la mia spina nel cuore. E non riesco a spiegare il dolore che provo quando vedo approdare a Lampedusa i barconi carichi di fuggiaschi, io che ho visto con i miei occhi il popolo eritreo dare con fierezza il sangue per rientrare nella propria terra. Ho imparato da loro il significato della libertà.
Appena ottennero l'indipendenza mi fu chiesto di fare un concerto ad Asmara, a 2300 metri sopra il livello del mare e, nonostante mi scoppiassero i polmoni, accettai con entusiasmo. Allo stadio arrivarono in quarantamila e assistetti a un commovente passaggio di denaro da povero a poverissimo: pagarono per vedere me, sapendo che i soldi sarebbero stati devoluti agli invalidi di guerra. Cantare Sara e sentirla cantata da loro, in quel luogo, in quel momento, mi fece vivere una vertigine pura. Mi guardavo attorno e vedevo il volto della felicità. Lì capii cosa era la libertà: non avere niente ma avere tutto. Essere terra. Sentirti partecipe di ciò che ti appartiene.
(Antonello Venditti - L'importante è che tu sia infelice - P. 105-111)
Spero che questo post non venga cancellato, lo trovo molto interessante.
Grazie.
anneth Antonello se da una parte è un grande artista dall'altra è fra quelli che non ha capito nulla dell'Eritrea.
Come molti ha creduto che i sinceri riconoscimenti che gli erano stati riservati lo ponessero in una condizione di privilegio rimanendo poi deluso quando toccato negli interessi personali.
Il fatto è che volendo girare uno spot sull'infanzia impostato con criteri non condivisi dal governo eritreo si vide opporre un cortese rifiuto che lo deluse profondamente.
Da quel momento la sua sensibilità di artista lo portò a cercare di questa delusione giustificazioni che dal suo punto di vista trovarono conferma nei temi delle campagne denigratorie e diffamatorie che a quel tempo cominciavano a trovare spazi nel nostro degenerato sistema di informazione.
Antonello per un periodo continuò a partecipare alla Festa dell'Indipendenza eritrea, forse alla ricerca di conferme ai suoi timori, e di questo argomento parlammo a lungo; per questo ne scrivo.
Nell'agosto del 2008 gli inviai la lettera che segue:
Lettera aperta ad Antonello Venditti
Caro Antonello,
ho letto su La Stampa on line l’intervista che hai rilasciato a Giancarlo Dotto lo scorso 12 agosto e dal momento che ti conoscevo come amico dell’Eritrea non posso nasconderti di essere rimasto estremamente sorpreso e deluso dalle tue affermazioni riguardanti il paese.
A dire il vero l’inizio era parso promettente e quando alla domanda di quale fosse stato il tuo concerto più memorabile hai risposto: «Quello allo stadio di Asmara per la fine della guerra. Cantare “Sara”, una canzone di pace alla fine di una guerra, lì, in quel luogo, in quel momento, una forza evocativa che diventò vertigine pura», avevo sperato che avessi veramente colto lo spirito straordinario di un popolo straordinario.
Però poi subito dopo nell’intervista quando alla domanda “C'è qualcosa di meglio da fare al mondo che cantare?” la tua risposta è stata: «Nel 92, dopo il secondo Circo Massimo, al massimo del mio successo, mi dedicai a quello che considero il mio Paese, l'Eritrea. Ma il mondo non va dove desideri tu. Isaias Afewerki era mio amico, mi ha deluso. Quando vedo i barconi di esuli eritrei che scappano dalla loro terra promessa, penso a un sogno tradito. Ora mi dedico alla Sierra Leone, dove i bambini militari si sparano tra loro. Mi fido ciecamente delle strutture cattoliche», mi sono dovuto amaramente ricredere.
Se fossi stato veramente e sinceramente amico dell’Eritrea come ti sei sempre professato sapresti perfettamente che gli esuli eritrei fuggono da una non più sostenibile situazione di “non Pace non Guerra” che dura oramai dal lontano 2002 quando la Commissione Confini ha definitivamente risolto la questione dei confini fra Etiopia ed Eritrea, e non certamente a causa della politica del presidente Isaias.
Non ti sarebbe dovuto neanche sfuggire il fatto che incredibilmente la comunità internazionale anziché premiare l’Eritrea per la sua perfetta adesione al meccanismo legale di risoluzione della controversia con l’Etiopia predisposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha consentito all’Etiopia di ignorare i suoi obblighi derivanti dalla sottoscrizione degli accordi di Algeri e non ha reagito al suo illegale permanere con truppe militari su territori a sovranità eritrea.
Parli poi dei tuoi rapporti di amicizia con il presidente Isaias Afwerki e certamente è affar tuo in cosa ti lui ti abbia deluso, ma trovo ingiusto e fuorviante il tuo associare questo stato d’animo personale a una situazione generale di un paese che merita di essere approfondita con coscienza e fortemente condivisa piuttosto che liquidata con tanta superficialità.
So che era tua intenzione girare uno spot in Eritrea con i bambini orfani assistiti dalle strutture religiose e che sei rimasto deluso del fatto che questo non è stato possibile. Trovo strano che con il tuo professato grande amore per l’Eritrea ignorassi che gli orfani in Eritrea non sono concentrati in strutture specifiche dove vivere alienati dalla vita sociale, ma che la assistenza viene loro assicurata attraverso il sostegno delle famiglie eritree che immancabilmente si fanno carico delle creature rimaste prive di uno o di tutti e due i genitori naturali.
La tua conseguente scelta di rivolgere le tue attenzioni ai bambini della Sierra Leone ti fa ugualmente onore, ma perché mai associare le due cose in maniera così impropria da far assomigliare la tua decisione a un capriccio infantile.
Quel che è certo è che le tue parole, a causa della tua vocazione di grande comunicatore, pesano ora come un macigno e hanno profondamente offeso un intero paese, che ti ha sempre dimostrato stima e affetto, che ora si sente tradito.
Vorrei unirmi a questo legittimo risentimento popolare pur nella speranza che il tempo ti sappia consigliare un più attento approfondimento della attuale positiva realtà eritrea e una conseguente revisione delle tue, a mio parere, poco meditate conclusioni.
Cordialmente Stefano Pettini.
Signor Pettini, Venditti non è rimasto deluso per lo spot che doveva girare, lo era già prima. Ne aveva parlato anche in una trasmissione nel 2003. E' deluso per la politica del Presidente, che lui stimava e che considerava un amico e che invece si è rivelato un dittatore in piena regola. Venditti ha un grande rispetto per il popolo eritreo e questo si capisce bene dalle sue parole, non ha interessi personali in Eritrea. So che è una persona onesta e sincera, credo alle sue parole e so che è in buona fede. Non gli permettono più di entrare in Eritrea, non si tratta solo di una trasmissione televisiva, la sue presenza non è più gradita perchè ha criticato l'operato del Governo. So che non intende abbandonare gli eritrei e spero che riesca a fare qualcosa di concreto, anche se adesso per lui è molto più difficile.
Anneth ho incontrato Antonello ad Asmara a cavallo fra in 2000 e il 2001 e da allora non mi risulta sia più andato in Eritrea.
Tutto quello che è successo dopo quella sua ultima visita nei suoi rapporti con l’Eritrea e con il suo presidente è fortemente condizionato dal non aver avuto la giusta percezione di quello che in quei giorni stava succedendo nel paese.
Troppo rapida e superficiale evidentemente la sua esperienza precedente per aver maturato la capacità di cogliere il travaglio di una nazione appena nata e già in pericolo di vita.
Antonello avrebbe dovuto approfondire gli eventi di quei giorni con un ben diverso impegno, ma probabilmente è stato tradito dalla sua stessa sensibilità di artista e soprattutto da ben indirizzate voci che in quel periodo imperversavano nel contesto di un vero e proprio tentativo di sovvertimento del governo eritreo pilotato da forze esterne al paese.
Ognuno rimane sempre e comunque nella piena libertà delle proprie opinioni, ma continuo a sperare che Antonello un giorno trovi il tempo e la serenità per rivedere tutta la questione in maniera ragionata.
Per parte mia rimango sempre a sua disposizione.
Stefano Pettini
Antonello ha visto il Presidente nel 2001 a giugno, durante il concerto al Circo Massimo, lo aveva invitato proprio lui. Poi non ha più avuto notizie e non gli è stato più permesso di entrare in Eritrea. Doveva tornarci nel 2002 per un progetto che stava facendo con le regioni italiane a favore dell'Eritrea. Non è lui a non voler approfondire. Il suo impegno, dal 1986 è stato sincero e costante. Se potesse andare in Eritrea a documentare la situazione sarebbe tutto diverso. E se le notizie che arrivano in Italia sono sbagliate, come dice lei, Antonello lo farebbe notare. Ma da lontano è difficile.
Anneth Antonello nel suo libro scrive:
“L'ultima volta che ho incontrato Afewerki è stato nel 2001, quando è salito sul palco al mio concerto al Circo Massimo. Da quel momento in poi tutto è precipitato in Eritrea: imprese italiane e progetti di cooperazione costretti ad abbandonare il campo, organizzazioni non governative e consoli espulsi, missionari ai quali è stato negato il permesso di soggiorno.
All'inizio ho pensato che fosse una strategia per far pressione sulla comunità internazionale, un modo per costringerla all'intervento immediato. Poi però ho letto il rapporto di Amnesty International e ho capito che nessun fine può giustificare questi mezzi. Il pluralismo previsto dalla Costituzione non esiste. Giornalisti, studenti, funzionari statali che hanno criticato il governo sono stati arrestati. Nel settembre 2001 il mio amico ambasciatore italiano Antonio Bandini è stato cacciato dall'Eritrea per aver legittimamente protestato insieme alla delegazione dell'Unione Europea contro quegli illegittimi arresti.
Giungono notizie di cristiani detenuti e torturati, di dissidenti scomparsi nel nulla, portati in galera senza accuse formali né possibilità di difendersi in tribunale o di comunicare con il mondo esterno”.
Poi cosa è successo?
E’ stato scritto che Antonello non ha condiviso alcune scelte del governo eritreo. Quali scelte? A chi ha prestato ascolto? Che improvvisamente Antonello si sia sentito a livello di uno statista tanto da porre delle questioni su scelte governative basate su eventi che lui non poteva certamente conoscere e valutare in tutta la loro gravità?
Antonello alla prima apparente difficoltà si è fidato non dei suoi veri amici, ma di quelli che lo hanno indotto a non capire. Infatti:
Non ha capito perché alcune imprese italiane e progetti di cooperazione sono stati costretti ad abbandonare il campo; perché organizzazioni non governative non hanno ricevuto la omologazione; perché Bandini è stato espulso; e perché ad alcuni missionari è stato negato il permesso di soggiorno.
Non ha capito il vero valore dei rapporti di Amnesty International.
Ma soprattutto ha creduto alle fanfaluche dei “cristiani detenuti e torturati, di dissidenti scomparsi nel nulla, portati in galera senza accuse formali né possibilità di difendersi in tribunale o di comunicare con il mondo esterno”.
Come si fa a professarsi grandi amici e poi non capire queste cose?
Se, come si dice, la vera amicizia si vede nel momento del bisogno Antonello non si è rivelato un vero amico ne per l’Eritrea ne per Isaias che lui chiama Afworki dimenticando anche le più elementari usanze del paese che dice di amare ancora.
Se Antonello avesse nutrito una sincera e profonda amicizia per Isaias, come ama ripetere, non si sarebbe fatto influenzare dalle chiacchiere dei nemici dell’Eritrea; purtroppo le cose sono andate diversamente e trovo inutile che se ne continui a parlare.
L’Eritrea può fare a meno di Antonello e sicuramente Antonello dell’Eritrea.
Stefano Pettini
Signor Pettini forse lei non ha capito, non è stato Antonello a disinteressarsi dell'Eritrea, purtroppo è stato il Presidente che gli ha impedito di avere informazione precise. Se non può entrare in Eritrea deve per forza attenersi alle notizie che arrivano in Italia, e come lei sa non sono per niente buone. Antonello ha sempre prestato ascolto al Presidente, quando è stato chiesto il suo aiuto lui non l'ha mai fatto mancare. Fino al 2001, appunto...
Poi cos'è successo? Lei lo sa? Sarebbe bello capire. E' quello che vorrebbe sapere anche Antonello.
Lei ha detto:
"Non ha capito perché alcune imprese italiane e progetti di cooperazione sono stati costretti ad abbandonare il campo; perché organizzazioni non governative non hanno ricevuto la omologazione; perché Bandini è stato espulso; e perché ad alcuni missionari è stato negato il permesso di soggiorno.
Non ha capito il vero valore dei rapporti di Amnesty International.
Ma soprattutto ha creduto alle fanfaluche dei “cristiani detenuti e torturati, di dissidenti scomparsi nel nulla, portati in galera senza accuse formali né possibilità di difendersi in tribunale o di comunicare con il mondo esterno”.
Come si fa a professarsi grandi amici e poi non capire queste cose?"
Lei lo ha capito? Potrebbe spiegarci?
Se tutte queste cose non sono vere, o non sono state capite perchè il Presidente non gli ha spiegato tutto? Magari poteva fargli una telefonata, come faceva quando aveva bisogno di lui.
Non so se Antonello ha letto la lettera che gli ha scritto, credo di no, putroppo. Sarebbe stato interessante avere una sua risposta.
Poi non capisco perchè, secondo lei, Antonello, da un giorno all'altro, sarebbe dovuto diventare un nemico dell'Eritrea... che motivo ne avrebbe?
Il punto è che il Presidente lo ha voluto accanto finchè gli è servito, poi quando lui gli ha mosso delle critiche lo ha allontanato. Tipico comportamento di un dittatore.
Venditti è un personaggio pubblico, in Italia è molto noto, potrebbe usare questa cosa per accendere i riflettori sull'Eritrea e sui problemi che affliggono il suo popolo, come ha già fatto un po' di anni fa e come voleva fare nel 2006 con le adozioni a distanza, ma gli è stato impedito. Peccato! Peccato per gli eritrei...
Anneth non bisogna fare confusione fra i ruoli dell’Isaias presidente di una nazione e l’Antonello personaggio di spettacolo.
Diversi i livelli, diverse le responsabilità.
Il presidente è il presidente e ne lui ne l’Eritrea hanno bisogno di essere rappresentati da chicchessia.
Nel 2001 in Eritrea c’è stato un momento di gravissima emergenza nazionale che ha messo in serio pericolo l’esistenza stessa del paese e soprattutto la sua indipendenza, e di conseguenza questo ha reso necessario ricorrere a misure eccezionali che hanno fortemente destabilizzato gli osservatori internazionali e messo a dura prova gli amici dell’Eritrea che hanno fatto molta fatica a interpretare gli eventi di quei giorni.
Purtroppo molti di questi amici erano coinvolti affettivamente, quando non addirittura familiarmente, con alcuni degli elementi dei cosiddetti G15 che accusati di alto tradimento furono incarcerati, e quindi non poterono accettare le ragioni di un atto che appariva come efferato e ingiustificabile dal quale è derivata una frattura che ai giorni nostri appare ancora insanabile.
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Persone troppo vicine e troppo coinvolte per interpretare serenamente gli eventi che si stavano succedendo a ritmo serrato in un momento di estrema criticità per il paese, che improvvisamente si sono trasformate in nemici giurati.
Anneth non creda che Isaias abbia all’improvviso e del tutto irragionevolmente tagliato i ponti con Antonello, tanto per rimanere nel tema del 3D; c’erano ragioni ben precise che però riguardano solo i protagonisti e non è il caso di discutere su un forum pubblico.
Oltre a tutto la sua affermazione “Il punto è che il Presidente lo ha voluto accanto finchè gli è servito, poi quando lui gli ha mosso delle critiche lo ha allontanato. Tipico comportamento di un dittatore” dimostra quanta confusione si faccia fra la figura di un presidente e quella di un personaggio pubblico.
Stefano Pettini
So benissimo che il ruolo di Venditti e quello del Presidente sono completamente diversi, non faccio nessuna confusione. Ma so anche che era proprio il Presidente a chiamare Venditti per chiedere la sua opinione, perciò vuol dire che gli interessava conoscerla e che sapeva di poter ricevere aiuto. I loro rapporti non si sono interrotti per motivi personali. Queste ragioni ben precise probabilmente le conosce solo il Presidente.
Mi dispiace molto perchè so che Venditti considera L'Eritrea come il suo paese e se n'è occupato con molta passione, ha fatto tutto quello che poteva fare e vuole continuare a farlo. Ha molto rispetto per il popolo eritreo e ne aveva molto anche per il Presidente, come lui stesso ha scritto. Sono convinta che se il Presidente lo chiamasse per chiarire la situazione e per chiedergli di fare qualcosa lui non si tirerebbe indietro.
Anneth Antonello nel suo libro pubblicato nel 2009 con un improvviso voltafaccia ha scritto nero su bianco una intera serie di falsità così banali che sembrano copiate di sana pianta dalla peggiore propaganda di stampo imperialista e neo colonialista.
Dal 2001 al 2009 nessun momento critico, nessun dubbio, nessun tentativo di approfondire il momento storico.
Antonello scrive: “Da quel momento in poi tutto è precipitato in Eritrea”.
Ma lui che ne sa, su quale base giudica, lui non c’era in Eritrea e ha deciso di dare credito non al suo amico del quale avrebbe dovuto continuare a riconoscere il rigore morale, ma ai suoi nemici.
Antonello ha tradito la amicizia di Isaias e quella del popolo eritreo nella peggiore delle maniere possibili.
Dubito molto che riceverà una telefonata dal presidente, in Eritrea l’amicizia è una cosa seria.
Stefano Pettini
Venditti non ha scritto nessuna bugia e nessuna banalità. Non ha tradito proprio nessuno, è stato il Presidente a cambiare tutto. Dal 2001 in poi ha parlato molto spesso dell'Eritrea e della situazione che si era creata. Non ha cambiato opinione all'improvviso, come dice lei. Le ripeto che gli è stato impedito di entrare in Eritrea già nel 2002.
Da chi doveva avere informazioni?
Esiste la possibilità di andare in Eritrea a documentare i fatti LIBERAMENTE?
Posso dei giornalisti raccontare come stanno le cose? Esiste stampa libera?
NO!!!
Da dove dovrebbero arrivare le informazioni corrette?
A chi doveva dare credito?
E non mi dica, per favore, che in Eritrea non ci sono giornalisti, perchè so già che non è vero. Fino al 2001 c'erano diversi giornali indipendenti e la gente li apprezzava molto. Adesso non ci sono più.
Perchè?
Un amico accetta anche le critiche, questo Isaias non l'ha fatto. Non tollera pareri contrari al suo. E' per questo che ha tagliato i ponti con Antonello. In Eritrea l'amicizia è una cosa seria, certo, ma gli amici devono anche essere in grado di dire che si sta sbagliando. Lui lo ha fatto. E' stato sincero.
Le posso assicurare che il giudizio di Venditti è totalmente imparziale, non ha pregiudizi e ama gli eritrei...probabilmente molto più del Presidente.
Se c'è qualcuno che non ha un giudizio imparziale è proprio lei, signor Pettini. Mi dispiace ma è fin troppo evidente.
Venditti conosce l'Eritrea meglio di lei, senza dubbio.
P. S. Il libro è uscito nel 2009 ma lo aveva scritto prima.
Antonello dice:
“ Ora mi dedico alla Sierra Leone, dove i bambini militari si sparano tra loro. Mi fido ciecamente delle strutture cattoliche»”.
Bene,l'importante è continuare a fare qualcosa!!!
In quanto a l’Eritrea :
grazie a persone altrettanto sensibili,
con nessun interesse di riscontro o notorietà,
continua a ricevere solidarietà!!!
Come vede: Venditti che va- Venditti che viene!
Saluti
Sara
Venditti non è andato da nessuna parte, c'è sempre per l'Eritrea. Non ha potuto fare lo spot per le adozioni a distanza per non gli è stato permesso.(Perchè?)
Così lo ha fatto in Sierra Leone.
"In quanto a l’Eritrea :
grazie a persone altrettanto sensibili,
con nessun interesse di riscontro o notorietà,
continua a ricevere solidarietà!!!"
Venditti non ha nessun interesse in Eritrea e non ha bisogno di nessuna pubblicità in Italia, è già un personaggio molto noto, ha alle spalle 40 anni di carriera, non gli serve niente.
Ha iniziato ad occuparsi dell'Eritrea, nel 1986, perchè gli è stato chiesto e lui ha accettato volentieri. Non ha nulla da guadagnare e nulla da perdere.
In un Paese come l'Eritrea la solidarietà non è mai abbastanza.
Senza nulla togliere all’operato del Maestro Venditti,
continuare a parlare della sua delusione, credo sia l’ultima preoccupazione degli eritrei !
Abbiamo ben altro di cui occuparci!
Saluti
Sara
Non c'è dubbio!
Il problema non è la sua delusione, mi piacerebbe solo capire perchè il Presidente non gli permette più di continuare ad occuparsi dell'Eritrea come prima.
Aneth le basti sapere che esistono delle ragioni concrete.
Credo che Antonello nel suo libro abbia omesso di raccontare alcuni dettagli significativi che avrebbero reso molto meglio l'idea di come sono andate le cose.
Anneth credo che lei abbia posto Antonello in una posizione eccessivamente centrista ritenedo che tutto ruoti intorno a lui.
Non dimentichi che il soggetto principale è l'Eritrea e non Antonello il quale come altri può andare e venire, ma non essere considerato un elemento determinante.
Stefano Pettini
Ragioni concrete?
Quali?
Non mi risulta che ci siano "omissioni" nel racconto.
Io so benissimo qual è il ruolo di Venditti, so benissimo che il soggetto principale è l'Eritrea e il suo popolo.
E' proprio per questo penso che avere aiuti umanitari sia molto importante.
La questione non riguarda Venditti. Questo è solo un esempio.
Vuol dire che il Presidente "elimina" tutti quelli che hanno opinioni diverse dalla sua, senza pensare che queste persone potrebbero fare del bene, a volte anche poco, alla sua gente. Questo solo per mentenere il potere nelle sue mani.
Venditti scrive:
"Colloco uno dei momenti più belli della mia vita davanti a quella che sarebbe diventata la sede del governo eritreo. All'ingresso c'era un serpentone di diplomatici provenienti da tutto il mondo che dovevano essere accreditati e io, semplice cantautore, stavo in fondo alla fila con il console italiano. Dall'uscio apparve questo giovane presidente, sensibile, colto, che ripensandoci oggi mi ricorda tanto Obama, e quando si trattò di far entrare il primo ospite, mi cercò con lo sguardo, mi arpionò con l'indice e mi chiamò a sè. Ero incredulo, sorpassai tutte le rappresentanze, la bandiera italiana che mi pendeva dalla tasca, e ci abbracciammo. Pensai: "Questo è un presidente che non segue la logica della politica, ma la logica del cuore"."
Si capisce quanto si fidava di lui e quanto lo stimava, e forse anche il Presidente ha stimato Antonello.
Credo che siano molti quelli delusi dal comportamento di Isais, quelli lui chiama traditori solo perchè non la pensano come lui.
"Ragioni concrete?
Quali?"
Questo riguarda Antonello.
"Non mi risulta che ci siano "omissioni" nel racconto."
Non risulta a lei ma ci sono.
"E' proprio per questo penso che avere aiuti umanitari sia molto importante."
Questa è una sua opinione che non corrisponde alla linea di autodeterminazione scelta dal paese che prevede solo cooperazioni e non elemosine.
"Vuol dire che il Presidente "elimina" tutti quelli che hanno opinioni diverse dalla sua, senza pensare che queste persone potrebbero fare del bene, a volte anche poco, alla sua gente. Questo solo per mentenere il potere nelle sue mani."
Anche questa è una sua opinione.
"Questo è un presidente che non segue la logica della politica, ma la logica del cuore".
Se Antonello avesse veramente creduto a queste parole non avrebbe avuto alcun dubbio sull'interpretazione dei fatti del 2001.
Stefano Pettini
Salve a tutti.
Penso anch'io che Antonello Venditti abbia compiuto lo stesso errore di tanti altri prima e dopo di lui, ad esempio Alberizzi del Corriere della Sera.
Ovvero, ha giocato a fare l'uomo bianco in terra d'Africa, pensando di essere indispensabile e di aver avuto grandi meriti per l'indipendenza del paese, e che pertanto l'Eritrea fosse quasi in debito con lui e dovuta a considerarlo un suo eroe. E così è bastato un niente perchè Venditti si sentisse deluso e trattato con ingratitudine dagli eritrei. Da allora se l'è presa con l'Eritrea e il suo governo, al pari di molti altri.
Secondo me questa è una mentalità che riflette un certo, sia pure involontario, colonialismo. A nessun popolo piace lo straniero che arriva atteggiandosi da liberatore e sommo benefattore. Servono sempre molta comprensione e rispetto.